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Il Sole Nero di Caravaggio

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Vorrei iniziare questo articolo su Caravaggio con due citazioni trovate in internet (Wikipedia of course), che a mio parere, aprono un segmento temporale importante per poter riflettere su alcuni aspetti artistici di Michelangelo Merisi.

La Prima è di  Nicolas Poussin, un pittore del ‘600 di impostazione classica, il cui lavoro è caratterizzato da chiarezza, logica e ordine. Poussin, quattordici anni dopo la morte di Caravaggio, avvenuta il 18 luglio del 1610, arriva a Roma e critica l’opera del pittore così:

                                               “..Era venuto per distruggere la pittura..”

A distanza di 335 anni, nel 1959, André Berne-Joffroy, dopo aver assistito alla mostra longhiana del 1951 su Caravaggio e i caravaggeschi, scrive Le Dossier Caravage, dove riporta:

            «..ciò che inizia con l’opera di Caravaggio è molto semplicemente la pittura moderna.»

Lo spazio temporale definito tra queste due affermazioni, rappresenta in qualche modo il distacco da un’epoca artistica verso una nuova concezione della pittura.

L’arte moderna è stata definita dagli Storici, quell’arte propria del periodo tra la metà del XIX secolo e il XX secolo (1850-1900) ma di fatto le parole di André Berne-Joffroy anticipano di almeno due secoli le datazioni storico-artistiche convenzionali.  Se osserviamo l’arte a prescindere dagli studi sull’arte e da quella linea temporale che serve all’accademia per fare ordine, Caravaggio appare un artista moderno, d’avanguardia rispetto al suo tempo, con un pensiero definito e un’ identità estrapolabile dal contesto Signorile in cui era costretto a causa della sua stessa professione.

Egli era un uomo del popolo, un attaccabrighe giocatore d’azzardo, fuggitivo a causa dell’omicidio di Tommasoni del 28 maggio 1606.

Dal carattere forte e non condizionato dal manierismo del ‘500, egli esprime la sua unicità e il suo slancio istintivo nei confronti della vita, attraverso uno stile pittorico essenziale e drammatico, concentrato e diretto, che apre le frontiere dell’arte e influenza, con nuove possibilità stilistiche, i futuri artisti moderni.

Forse è anche per questo che, nel 2007, lo scrittore Italiano Andrea Camilleri, ispirato dalla vita e dalle opere di Caravaggio, pubblicò il romanzo “Il Colore del Sole”. L’opera altro non è che il presunto diario del soggiorno di Caravaggio tra Napoli, Malta e la Sicilia fra il 1606 e il 1608. In fuga e perseguitato da mille ossessioni (come il sogno ricorrente di un cane che tenta di assalirlo), Caravaggio viene raccontato come affetto da una specie di distorsione della vista, una fotofobia che lo porta a vedere il “sole nero” come in una permanente eclissi solare. Non è chiaro se sia a causa della pozione datagli da una donna/strega o piuttosto per un effetto di natura psicosomatica; comunque Camilleri, ha sicuramente preso uno dei dettagli più caratteristici di Caravaggio e lo ha  trasformato in metafora pura.

Il Sole Nero, una delle descrizioni più poetiche che si può fare circa l’utilizzo della luce nelle opere di Caravaggio; talmente esatta da far pensare davvero che il pittore avesse una qualche disfunzione ottica.

La sua scelta illuministica è pregna di significati e della volontà di far risaltare alcuni aspetti dell’umano rispetto ad altri, di mettere in luce e in ombra dettagli ed elementi della scena.

La luce nera è l’espediente per generare un contrasto assoluto tra ciò che vediamo e ciò che ci è nascosto, come una personale censura o rivelazione del pittore circa la realtà. Caravaggio illumina ciò che è importante ed essenziale ai fini del racconto e non lascia distrazioni che possano deviare il nostro sguardo. Lo sfondo è quasi inesistenze e passa in secondo piano rispetto ai soggetti. La sua necessità è quella di distaccarsi dallo sfarzo degli ambienti per dare importanza ai corpi, alle emozioni, alla vita. Metterli al centro della scena e farli uscire dall’ombra.

Delle vicende religiose, Caravaggio racconta i momenti più umani, discostandosi dalla sacralità, e riportando tutti quei santi, sul piano materiale della realtà. Sceglie di rappresentare una Madonna incinta, il dubbio più umano di San Tommaso e si ispira a personaggi della vita di tutti i giorni per rappresentare Cristo o San Matteo, che sembra più un contadino che un santo.

Le pose dei suoi soggetti vengono dalle locande e dalla gestualità comune, come spesso anche gli abiti dei personaggi sono quelli della sua epoca. Molto di ciò che rappresenta richiama ai vizi più bassi dell’uomo: Narciso, I bari, Il Bacchino Malato, le varie violente decapitazioni, proiezioni dell’ossessione verso la condanna a morte per decapitazione che aveva ricevuto dopo l’omicidio Tommasini.

Caravaggio ci trascina nella potenza della dualità umana, nella forza del binomio identitario luce/ombra che è parte dell’esistenza: un teschio presenzia sul tavolo di San Girolamo, intento a tradurre l’Antico testamento e i Vangeli. In questa scena i pochi elementi, caricano di responsabilità e intensità il gesto dei due protagonisti: San Girolamo cerca la parola più giusta mentre il teschio, secondo protagonista, lo osserva e fa da monito, memorandum dell’umano, della morte, dell’ombra, del mistero che inevitabilmente e insistentemente appartiene alla vita e al verbo divino.

Solo l’aureola rimanda alla santità e al tema religioso, altrimenti quel Girolamo, sembrerebbe più un eremita impegnato nello scoprire la formula alchemica della vita. In generale sono le aureole, che emergono sottili e discrete dall’oscurità, a fare la differenza tra un racconto biblico e una fotografia. Sembrano oggetti di scena fuori dalla scena, come se solo noi potessimo vederle, mentre i protagonisti stanno ancora vivendo nell’ l’indecisione tra la vita dello spirito e quella della carne.

Caravaggio è bravissimo nel raccontare fatti accaduti mentre stanno accadendo, riempiendoli di suspense e narrativa, facendoci venire voglia di un secondo episodio, nonostante sappiamo già come finisce la storia. Questo perché lascia sempre intravedere l’essere umano dietro l’icona, capacità molto più moderna e atea rispetto all’epoca in cui viveva. I suoi dipinti riempiono di interrogativi come fossero scene del crimine da analizzare. Sono immagini che sembrano provenire da un sogno, quasi incomplete, e tutto quel nero, quella ombra, ci dice che qualcosa è nascosto, che sotto il sole nero, nulla può essere capito fino in fondo.

Così è la vita, così è la realtà, così era Caravaggio stesso, un Sole Nero, divina umanità, un’artista prodigio con un’ anima ribelle.

Concludo con una citazione di Roberto Longhi, che riempie lo spazio temporale sopra citato, e ricorda l’importanza di figure isolate e solitarie, ma di grande impatto e influenza sul futuro come Caravaggio:

«Ribera, Vermeer, La Tour e Rembrandt non avrebbero mai potuto esistere senza di lui (Caravaggio) e l’arte di Delacroix, Courbet e Manet sarebbe stata completamente diversa»

Ringraziamo quell’ombra che permette di illuminare la vita.

Guarda le opere di Caravaggio

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