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Raja Ravi Varma: Colui che colora di passione

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Rang Rasiya, il film

Rang Rasiya.. Rang Rasiyaa è il motivetto di sottofondo che percorre tutto il film, appunto “Rang Raisya” del 2008, regia di  Ketan Mehta. Letteralmente Google lo traduce come ” Colore Rosa”(sarà giusto..?) ma la versione inglese  del film è stata presentata con il titolo “The Colour of Passion” e un poster di uscita dove le macchie di colore e le pennellate si intrecciano con i corpi nudi dei due protagonisti: il pittore Raja Ravi Varma e Sugandha, sua musa e amante.

Indagando nel web, trovo una famosa serie televisiva Indiana del 2013, con lo stesso nome, appunto Rangrasiya (tutto attaccato però) e la traduzione inglese come The One Who Colours me in Passion, e mi sembra bella e plausibile, riferendoci all’artista Ravi Varma. L’appellativo Raja gli fu assegnato dal viceré e governatore generale dell’India, poiché la sua aristocratica famiglia, da oltre 200 anni, produceva consorti per le principesse della famiglia reale matrilineare di Travancore.  Anche lui, nel 1866, viene dato in sposo alla dodicenne Bhageerthi Bayi,  appartenente alla  casa reale di Mavelikkara.

Ma non è certo questa la relazione su cui si basa il film, e anche la produzione artistica di Varma; sarà invece Sugandha ad essere trasformata più e più volte in una dea nelle tele del pittore. Lei che suona il  sithar, dea Saraswati dalle tante braccia e dai lunghi capelli, sensuale con la schiena scoperta, che brilla al chiaro di luna o stringe un fiore di loto.

Una finestra sulla cultura indiana

La capacità del pittore indiano Raja Ravi Varma, fu infatti  quella di ispirarsi alle persone, ai diversi personaggi dell’India coloniale e partendo da lì, da quel substrato di materiale grezzo,  dar forma e rappresentazione alle numerose divinità delle storie come il Ramayana e la Mahabharata, Fu uno dei primi artisti accademici indiani ad illustrare e raccontare la cultura religiosa e popolare e condurla prima nelle case della gente, attraverso una copiosa produzione di stampe, e poi dritta fino in occidente.

Il film, che dal poster di lancio sembrerebbe un erotico romanzo rosa, riesce invece a mostrare trasversalmente diverse tematiche, senza perdere i toni allegri e pieni di gioia sprigionati dallo stile indiano stesso. Innanzi tutto lo sfondo è quello del periodo coloniale inglese, dove si alternano uomini in sarung a petto nudo (elemento che ovviamente mette in risalto il fascino e la prestanza fisica dell’attore Randeep Hooda) e biondi burocrati coloni in camicia, che ogni tanto declamano cose in inglese. (N.d.r. non sono riuscita a trovare nel web la versione sottotitolata o tradotta in inglese, così ho guardato il film in Indi, ovviamente perdendomi gran parte delle sfumature e senza effettivamente poter comprendere i grandi dialoghi tra i personaggi; quindi leggete questa “recensione” con la consapevolezza che ho praticamente guardato un film muto, e comunque mi è piaciuto).

C’ è poi una bellissima sequenza in cui il pittore e i suoi aiutanti viaggiano per l’India e così vengono mostrate diverse situazioni tipiche e persone del popolo; uno spaccato della società: donne in saree colorati, bambini che ballano tipiche mosse, Babà intenti a fumare Charas e Yogi che fanno pose elastiche. Ravi Varma nel frattempo si dedica ad immortalare con le sue pennellate appassionate tutti questi momenti, tra un rituale tuffo nel sacro fiume Gange e una fumata di chiloom. La musica di sottofondo ovviamente accompagna questa carrellata di immagini che ci immergono allegramente nella cultura indiana, fatta anch’essa di passione. Si vede chiaro il parallelismo tra riprese cinematografiche e tele pittoriche: che il regista volesse mostrare l’importante ricerca sociale che l’arte di Varma ha compiuto nel far conoscere l’India dentro e fuori dal continente e come la sua pittura sia nata dall’osservazione e dal legame con la sua terra. Bella la sequenza dove mischia le polveri colorate dei pigmenti: la sua mano impasta sensualmente e si percepisce la materia, la sensorialità del gesto della pittura.. davvero sexy per chi ama l’arte.

Un uomo moderno

In fine, c’è tutto un racconto di sottofondo che parla di modernità, che narra l’avvento del nuovo secolo (siamo a fine tra ‘800 e inizio ‘900): le prime fotografie e le prime proiezioni del cinematografo con il famoso filmato del treno che spaventa il pubblico in sala. Varma appare uomo moderno, con le bretelle e la camicia,  la cui sicurezza nelle sue capacità e il suo titolo nobiliare lo fanno emergere e fare affari con gli europei. Varma è il primo Indiano ad essere insignito del riconoscimento civile  Kaisar-e-Hind dal Governo Inglese. Riusce a portare l’india nei salotti occidentali grazie ad un realismo che, passando attraverso il prisma della cultura indiana, viene sfaccettato in mille colori, personaggi e miti che lo rendono onirico, fiabesco, romantico e a tratti sfacciato, se confrontato con le impostazioni rigide occidentali. 

Non è che con questo articolo volessi recensire il film Rang Rasiya con delle stelline, ne consigliarne la visione (in Indi) al pubblico, ma volevo affrontare il fenomeno accademico con il punto di vista della cultura pop. Credo che con il passare del tempo, sia importante cambiare lente per guardare l’arte e i fenomeni artistici, così da renderci conto di quale sia stata la loro evoluzione nei secoli e il loro impatto reale sulla storia. Questo film, liberamente tratto dal romanzo biografico di Ranjit Desai “Raja Ravi Varma: a novel”, parla anche di censura nei confronti dell’arte (anche se poi su youtube, tutti i seni dipinti del film sono stati sfocati), del divario che spesso c’è tra chi è capace di guardare senza giudizio, guidato dai sensi, dalle emozioni, dai brividi a fior di pelle (ed è così che Raja Ravi Varma viene rappresentato nel film) e chi, troppo cerebralmente, osserva i dettagli ma non ne coglie la interconnessione, la magia che si manifesta solo a quelli predisposti.

Nel film è lo stesso Raja Ravi Varma a raccontare la sua vita davanti a un giudice in tribunale, perché la sua arte, sensuale e in rari casi raffigurante nudi femminili, aveva scosso le proteste di alcuni, che iniziarono a perseguitarlo. Il suo monologo finale per difendersi in tribunale, sempre in Indi comunque, sembra appassionato e puro, di quelli tanto perfetti quanto irreali. E infatti, con una risoluzione poco sorprendente, il giudice ne dichiara la libertà e tutta l’aula si alza in piedi ad applaudirlo in standing ovation. La censura non trova spazio nel nuovo secolo e anche se il peggio sembra scampato, non vi spoilero un finale drammatico e un po’ stereotipato, in cui la sua bravura di artista non sembra uguagliare quella di uomo e amante.

Soap-opera a parte comunque,furono molti quelli che si sentirono rappresentati dalle opere di Raja Ravi Varma e che videro in esse il riscontro della propria cultura: finalmente i colori delle strade, le leggende tramandate di bocca in bocca, le pose celebrative dei rituali, venivano messe su tela, immortalate e rese iconografiche. Ancora oggi più di un miliardo di persone in tutto il mondo pregano in ginocchio davanti ai suoi dipinti,davanti a quelle immagini che finalmente diedero un volto al divino.

Opere di Raja Rava Varma

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