Artisti

La straordinaria modernità della visione di Manet

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L’eleganza di Eduard Manet nel rompere gli schemi artistici e sociali è senza precedenti, poiché  derivata da una necessità vitale, più che dalla volontà rivoluzionaria evidente e accesa invece nella corrente impressionista. Il piccolo borghese Manet è stato un’inconsapevole reazionario: soltanto un pittore convinto, che per anni ha combattuto contro la volontà paterna, per affermare la sua passione di pittore ed acuto osservatore del mondo in cui era immerso. Volontà di Manet era dipingere e basta, guidato dall’ammirazione per l’arte classica, dall’amore per la tecnica pittorica e per tutti gli artisti che aveva studiato: Giorgione, Tiziano, Velazquez, Goya…

Quel giovane però, non ha avuto paura di affermare le proprie idee e quelle dei suoi contemporanei, tenace e firme, senza piegarsi con servilismo al plauso che il suo primo dipinto, “Il chitarrista spagnolo” (1860 ), gli aveva riconosciuto nell’ambiente tradizionalista. Aveva bisogno di esprimersi Manet, anche a rischio di risultare impopolare; far riflettere gli intellettuali borghesi, su come i tempi fossero maturi per il cambiamento, su come l’ambiente accademico dovesse guardare fuori dalle sue aule, perché nel mondo stava avvenendo un’importante trasformazione, o almeno le sue basi primordiali venivano poste.

Manet infatti, è circondato da giovani scrittori e pittori che chiedono una rivoluzione, e nonostante non abbia mai esposto al fianco degli impressionisti, ha creato due dei quadri più scandalosi dell’arte moderna: ha spiazzato tutti con naturalezza, imponendo le nudità borghesi e reclamando a gran voce il loro diritto di esistere. Manet ha sicuramente dato il suo contributo a quella che è la società odierna, ormai invasa dal nudo più o meno integrale, dalle donne seminude, dal corpo femminile senza aurea mistica, ma con l’alone sensuale che contraddistingue i giorni nostri. La sensualità è un concetto che forse dobbiamo a Manet: l’accettazione dello scandalo e dei semplici sentimenti di desiderio che provoca la scoperta del corpo. Per la prima volta, un corpo femminile stava gridando “guardatemi”, e lo diceva guardandoci a sua volta negli occhi, puntandoci e sfidandoci nel resistergli.

Forse possiamo riflettere sul fatto che nel quadro di Manet, la donna parla per se stessa, cosa molto insolita negli anni in cui egli stava vivendo; forse per la prima volta tematiche come quelle della disparità di genere, trovano attenzione nel mondo dell’arte.

In una visione cinica, potremmo sostenere che Manet fu uno dei primi artisti ad oggettivare apertamente il corpo femminile, senza nascondersi dietro simbologie religiose o storiche e a sdoganare l’innocenza mistica che circondava la donna, mettendo in evidenza il suo lato più carnale e peccatore. Nel fare ciò comunque, ne afferma la presenza e l’esistenza: la donna non è più un corpo sullo sfondo, una modella utile agli studi pittorici, un soggetto dietro il quale l’autore si fa grande. La donna è, corpo e fisicità, davanti allo spettatore, nel bel mezzo del quadro, nel bel mezzo della società (e dei maschi borghesi), padrona di sé e degli altri.

Non possiamo certo escludere tutte queste possibilità, poiché, effettivamente, come osservato dalle moderne teorie di emancipazione femminile, l’una non esclude l’altra, in quanto la donna prende il diritto di decidere come usare il suo corpo, come mostrarlo, come oggettivizzarlo.

Manet si è forse fatto carico di questo messaggio? Sicuramente ha a voluto sfidare la borghesia dell’800. Possiamo credere che egli stesse calando la maschera all’evidenza che usi e costumi benpensanti erano ormai fuori moda, in un contesto dove la rivoluzione industriale stava portando cambiamenti culturali senza precedenti e la fotografia stava sfidando le correnti realiste. Manet ci stava avvisando che l’arte doveva cambiare significati e contenuti, per diventare il nuovo mezzo espressivo dei bisogni sociali e non più istituzionali.

Sono teorie possibili, se ci immergiamo nell’idea che un potere forte, ha sempre fatto da fertilizzante per gruppi sociali ed intellettuali in controtendenza  e contrapposizione. Se ci immergiamo nel pensiero moderno come nuova opportunità rispetto all’accademismo corrente in quegli anni.

La pittura di Manet, racconta la società  vivente, non quella idealizzata dalle istituzioni. Racconta la società che sta cambiando e lo fa con la volontà di mantenere toni educati, eleganti, pacati, seppur tutto ciò abbia inevitabilmente provocato molto scalpore, come avviene di fronte a qualsiasi grande rivoluzione sociale.

Manet ha usato l’arte per introdurci nell’età moderna, nell’età pop-olare in cui i soggetti possiedono libero arbitrio, i corpi sono di chi li vive, il pubblico vuole vedere scandali, gossip, sensualità e non più i temi pesanti della storia, ma colazioni, bar e bevute, balli e scene della propria quotidianità.

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Paola D'Andrea

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